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Dibattito sul voto elettronico e sulla  Spid democracy

  di Bianca Tommassetti e Claudia Genuardi

A pochi giorni dalle elezioni comunali, e tenuto conto del dato relativo alla affluenza alle urne, occorre chiedersi quanto il voto online sarebbe in grado di migliorare le dinamiche di cittadinanza attiva, anche in considerazione dell’attuale emergenza sanitaria da Covid-19. Il voto elettronico è tornato al centro del dibattito pubblico, suscitando una riflessione generale sulla sua opportunità di impiego nelle ordinarie elezioni politiche ed europee. In Italia si sta prendendo consapevolezza che la tecnologia può contribuire positivamente all’esercizio del diritto del voto. Nonostante indubbie perplessità, legate principalmente all’esperienza americana, i processi democratici stanno cambiando e si stanno rivolgendo, seppur timidamente, verso un’unica direzione: la digitalizzazione.  

Che cos’è il voto elettronico.  

La votazione elettronica consente di esprimere il voto attraverso processi informatici, che comportino l’utilizzo di dispositivi elettronici.  Tale modalità, nella sua declinazione di i-voting, è evidentemente anche un sistema per votare a distanza e, ad oggi, con la pandemia in corso, il tema della “distanza” è più che mai imprescindibile nell’affrontare determinate questioni.   

Preliminare ai fini della presente analisi, è fare chiarezza su un punto: quando si parla di voto elettronico si tende spesso a confondere l’e-voting e l’i-voting. Il primo consente di esprimere la propria preferenza attraverso macchine collocate presso il seggio elettorale, come avviene in America. Il secondo permette invece di votare attraverso un qualsiasi dispositivo collegato ad internet.   

L’e-voting è una realtà più che consolidata negli States. La prima forma di voto elettronico adottata in America è stata la scheda perforata, ancora utilizzata in alcuni Stati.   

Le metodologie di voto negli USA sono molteplici, infatti oltre la scheda perforata, si possono utilizzare sistemi a lettura ottica e sistemi a registrazione elettronica diretta. L’elemento comune di questi tipi di e-voting è la presenza necessaria dell’elettore alle urne, messa alla prova in periodo di pandemia. Se l’e-voting è stato ampiamente sperimentato da parte dei cittadini americani, raramente si è optato per l’utilizzo di internet e di modalità che consentissero di esprimere il proprio voto a distanza.   

La digitalizzazione della politica: i vantaggi ed i presunti limiti dei sistemi hi-tech.   

È innegabile che il Covid-19 abbia posto la necessità di sviluppare società digitali.   

Le nuove tecnologie sono ormai consolidate in ogni aspetto della nostra vita, a partire dalle ordinarie abitudini quotidiane, fino a garantire un sussidio imprescindibile in iniziative economiche e finanziarie di ogni tipo. Da tempo si discute sulla totale digitalizzazione delle imprese e della Pubblica Amministrazione, ma solo di recente si sta provando a dare una svolta anche ad un tema che è sempre stato resistente ad ogni prospettiva di rinnovamento: la digitalizzazione della democrazia.   

Oggi in Europa solamente l’Estonia utilizza il voto online. Tuttavia, paradossalmente, è proprio l’esperienza americana a frenare molti paesi dall’utilizzo di strumenti informatici. Ciò che ha intaccato maggiormente la sensibilità pubblica al riguardo, è stato quanto accaduto durante le presidenziali del 2000 in Florida, in occasione delle quali il sistema di voto americano ha mostrato le sue fragilità.  

Il processo elettorale americano è sempre stato osservato con qualche perplessità ed agli occhi di un europeo risulta difficilmente accettabile. Negli ultimi anni l’e-voting in America ha fatto diversi passi indietro ed in alcune contee è stato del tutto abolito. Anche nelle ultime presidenziali non sono mancate le ipotesi di brogli. Ciò che risulta evidente è che tra gli americani si è diffusa l’idea che più tecnologia non significa necessariamente più trasparenza.  

Naturalmente, qualsiasi modalità di voto online deve poter garantire un alto grado di sicurezza informatica: il voto elettronico, infatti, se ben strutturato, potrebbe anzi diminuire notevolmente le frodi elettorali e contribuire al raggiungimento di risultati più equi e democratici, oltre che a risolvere molti dei problemi legati all’astensionismo.   

Il caso italiano: l’avvio della sperimentazione del voto online e la firma referendaria via Spid.  

Un grande passo è stato fatto di recente con l’adozione del Decreto attuativo che ha individuato le linee guida che regoleranno la sperimentazione del voto online per residenti all’estero, studenti e lavoratori fuori sede e per le persone in condizioni di salute avverse. La prima fase consiste in una simulazione priva di valore legale, mentre il secondo step prevede una simulazione svolta su una vera tornata elettorale. Tale novità non verrà però ancora realizzata per le imminenti elezioni.   

Nondimeno, l’Italia si è dimostra piuttosto all’avanguardia sul tema, permettendo il voto via Spid per la firma dei quesiti referendari sulla cannabis e, prima ancora, quello sulla legalizzazione dell’eutanasia.  

Stando ai promotori si sarebbero raggiunte in pochi giorni le firme necessarie, attestando un entusiasmo senza precedenti non solo in ordine alle questioni politiche in oggetto, ma anche in relazione al mezzo telematico utilizzato per l’identificazione dei soggetti firmatari.  

Storicamente, il nostro Paese ha sempre avuto una certa affezione per tale strumento di democrazia diretta: basti pensare al voto nel 1974 a favore del referendum confermativo della legge sul divorzio o quello che ha sancito l’abrogazione di parti della legge 194/1978 riguardanti le norme sulla tutela della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza.  

A tal fine, occorre sottolineare le ricadute in termini positivi sull’affluenza e sul successo dell’iniziativa che lo Spid ha consentito. Ed invero, va detto che la firma elettronica consente ad un numero crescente di cittadini, impossibilitati da impedimenti fisici, quali la malattia o l’età avanzata, o impossibilitati in quanto residenti all’estero o domiciliati in luoghi diversi rispetto alla propria sede di residenza elettorale, comportando l’esercizio del proprio diritto esborsi economici anche considerevoli e un incomodo non indifferente. A ciò aggiungasi, la sfiducia crescente nelle istituzioni, nei partiti o, più in generale nella politica, che giocano un ruolo fondamentale nell’astensionismo elettorale.  

Infine, è necessario tenere in debito conto che anche il reperimento delle informazioni sulle modalità di firma nonché il raggiungimento delle sedi deputate alla firma dei quesiti referendari (banchetti, uffici comunali, studi legali, etc.) rappresenti per il cittadino un “costo” non trascurabile.    

È, però, notizia degli ultimi giorni che entro il 30 settembre dovevano essere presentati alla Corte di Cassazione i registri con le firme a favore della legalizzazione della cannabis, ma sino a tre giorni prima di tale scadenza solo un quarto dei certificati elettorali necessari a validare le firme digitali erano pervenuti ai promotori da parte dei Comuni. Provvidenzialmente il Governo ha deliberato la proroga di un mese per i promotori del referendum.  

Una leggerezza non da poco per i Comitati promotori quella di non aver considerato la variabile burocratica, anch’essa fondamentale - sia pur in un processo di vera e propria “smaterializzazione” elettorale -, che avrebbe potuto rappresentare, oltre che il tramonto della singola iniziativa, anche, più in generale, un forte freno alla promozione per l’impiego massivo di tale strumento.  

Conclusioni   

La rivoluzione tecnologica ci sta catapultando nell’era dell’e-democracy. Nella legislatura in corso sono evidenti diverse iniziative legislative relative alla promozione del voto elettronico, presentate anche alla luce delle indicazioni dell’Unione europea al riguardo. Da ultimo, con la Comunicazione dal titolo “2030 Digital Compass: the European way for the Digital Decade” del 9 marzo 2021, la Commissione europea ha presentato gli indirizzi per la trasformazione digitale dell’Europa entro il 2030. Tra gli obiettivi dell’UE rientra quello di garantire che la vita democratica e i servizi pubblici online siano completamente accessibili a tutti, comprese le persone con disabilità, anche attraverso il voto elettronico che incoraggerebbe una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita democratica.  

La tecnologia è in grado di aprire nuovi canali per la semplificazione e la partecipazione a nuove procedure elettorali. Sperimentare nuove soluzioni è il rimedio per arginare i pregiudizi e l’immobilità del nostro processo elettorale. Il voto con blockchain potrebbe essere un’altra soluzione, anche se non mancano perplessità al riguardo.  

È tempo che la tecnologia diventi un imprescindibile alleato dello Stato e che venga affrontata una sfida che non può più essere rinviata: il rinnovo delle Istituzioni. Ciò che prima del Covid sembrava irrealizzabile, sta diventando normalità ed anche la modernizzazione dei processi elettorali è un’esigenza necessaria ed inevitabile.   

Il dibattito sul voto online resta quindi aperto, poiché non si tratta di fantascienza, ma di scegliere di proiettarsi verso il futuro.  

Per approfondire il tema, leggi anche il nostro articolo Assemblee a distanza:il pericolo Deepfake.

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