NFT e arte digitale

Manuale d’uso: cos’è un NFT e come si acquista? E perché NFT e arte sono così collegati? Quali sono i diritti del potenziale acquirente?

Un articolo che prova a spiegare la complessa tecnologia alla base del non fungible token, o semplicemente NFT, attraverso una guida pratica all’uso. Un particolare accento vien posto sulle problematiche della tutela del diritto d’autore, anche attraverso un esempio di cronaca in ambito di contaminazione.

Indice degli argomenti:

  1. Cos’è un NFT?
  2. Qual è stato l’impatto di questa tecnologia sul mercato dell’arte?
  3. Come si acquista un NFT?
  4. I diritti del titolare di un NFT: esiste il copyright nelle opere digitali?
  5. Cosa accade in caso di contaminazione? Il caso Ratajkowski
  6. Bibliografia

Cos’è un NFT?

Dal punto di vista lessicale, un NFT[1] è un “non fungible token” e cioè quella tipologia speciale di token crittografato, una risorsa digitale paritaria e decentralizzata, che non può essere intercambiato.

In semplici parole, un NFT è un oggetto virtuale unico ed inimitabile nel suo genere.

Questa nuova tecnologia ha determinato un’importante innovazione nel mercato dell’arte. In particolare, giuridicamente parlando, la sua caratteristica è la scissione tra acquisto materiale e acquisto del diritto di proprietà dell’opera d’arte: chi acquista un’opera legata ad un NFT non acquisisce l’opera in sé, ma la possibilità di dimostrare un diritto sull’opera. Tutto questo è garantito attraverso uno smart contract, un protocollo informatico che come indicato dal termine stesso, facilita la negoziazione ed esecuzione del contratto in questione.

Per poter comprendere il rapporto che sussiste tra NFT e arte è anzitutto necessario analizzare come nasce un non fungible token, passando poi a capire come si acquista e quali diritti e correlati conflitti ne derivano.

Ciò che accade a livello pratico è suddivisibile in due step fondamentali:

  1. Una foto digitale o una sua documentazione filmata e successivamente salvata in formato digitale viene compressa in una sequenza, tecnicamente chiamata “hash”.
    Infatti, dal punto di vista informatico, queste versioni digitali non sono altro che una lunga sequenza di numeri, che, comprimendosi, danno origine ad una nuova sequenza molto più corta, chiamata proprio “hash”.
    Tale processo prende per l’appunto il nome di hashing ed è lo stesso che viene utilizzato come base del criptovalute. Grazie ad esse, le blockchain e altri sistemi distribuiti sono in grado di raggiungere livelli significativi di integrità e sicurezza dei dati. Infatti, chi possiede il documento digitale può facilmente calcolarne l’hash, mentre è più complesso per chiunque altro ricostruire un documento digitale a partire da un “hash”.
  2. Successivamente, questo hash viene memorizzato su una blockchain, con una marca temporale associata. 
    Una blockchain è letteralmente una catena di blocchi: una struttura dati, come una formula chimica, caratterizzata da un blocco principale detto di genesi, da cui di originano una serie di ulteriori blocchi della catena principale, sino ad arrivare ad alcuni blocchi detti orfani, presenti in minoranza.
    Questi blocchi sono concatenati in ordine cronologico e la loro integrità è garantita dall’utilizzo della crittografia. Questo garantisce alla struttura di rimanere contenutisticamente immutata nel tempo, a pena di invalidamento della stessa. L’unico elemento che può mutare è la lunghezza, che è invece destinata a crescere nel tempo, pur facendo rimanere immutata la complessità della struttura.

Ecco che quindi, grazie a questa tecnologia informatica, si è aperta la strada ad un mercato automatizzato di hash: il creatore dell’hash potrà utilizzare l’NFT per aggiungere al suo interno il proprio hash e successivamente venderlo in cambio di un pagamento in criptovaluta, come Ethereum/USD.  

L’NFT garantisce una prova di autenticità e di proprietà dell’opera in questione: grazie alla tecnologia dell’hashing, l’NFT tiene al proprio interno una traccia di tutti i passaggi di proprietà dell’hash fino al suo creatore, dimostrandone il possesso.

Di conseguenza, il possessore dell’hash potrà dimostrare i propri diritti senza la necessità di rivolgersi ad intermediari e soprattutto senza limiti di tempo.

Qual è stato l’impatto di questa tecnologia sul mercato dell’arte?

Gli NFT sono stati utilizzati in diverse applicazioni concrete che richiedono oggetti digitali unici nel loro genere come crypto art, oggetti da collezione digitale e giochi online. 

In particolare, nel mondo dell’arte, il rischio della potenziale riproduzione di massa e della conseguenziale distribuzione non autorizzata attraverso internet ha portato numerosi artisti ad affacciarsi a questa nuova tecnologia.  

È pur vero che gli artisti digitali creano opere d’arte e le distribuiscono su Internet da almeno 20 anni. Ma prima di questa innovazione non esisteva un vero modo di possederle e collezionarle, di stabilire la paternità di un’opera in modo sicuro. Fino a ora, da quando queste tre lettere hanno segnato l’inizio di una nuova era nell’arte: NFT.

Il clamore è stato sollevato dall’artista statuintense-americano Beeple, il quale nel febbraio scorso, ha lanciato un interessante lavoro: “Everydays. The first 5000 days”.

Esso è considerato come la prima opera d’arte NFT, tanto da essere elencata in una delle principali case d’aste di Chhristie’s[2]

È sorprendente ed allo stesso tempo affascinante pensare che un’opera d’arte digitale come quella di Beeple, formata da un collage di 5000 delle sue opere, che inizialmente era stata valutata per soli 100 dollari, sia stata poi venduta per la modica cifra di 69 milioni di dollari.

Ma è proprio questa la caratteristica del rapporto tra NFT e arte: fino a prima di esso, un artista digitale poteva creare autentiche opere d’arte senza ottenere una remunerazione e le sue uniche fonti di guadagno si riducevano molto spesso a sporadiche collaborazioni con marchi. Ciò accadeva proprio perché chiunque poteva ottenere quella fotografia, quel collage, quell’opera d’arte in questione senza doverla acquistare direttamente dall’artista. Adesso invece, grazie a questo certificato digitale che ne verifica la proprietà, l’opera può essere venduta grazie ad una blockchain che la registra.

Si è persino arrivati ad assistere alla vendita della prima casa digitale NFT al mondo. Si sta parlando di Mars House, una casa progettata da Krista Kim e venduta per 512.000 deollari tramite SuperRare, il market digitale Ethereum.

Come si acquista un NFT?

È lecito affermare come il rapporto NFT e arte si poggi sul sempre fondamentale pilastro economico.

Infatti, la cosí detta cripto-arte rappresenta una certa evoluzione della cripto-valuta: chi acquista cripto-arte non ha come unico obiettivo la speculazione, ma soprattutto l’acquisto di un’opera originale.
Ecco che allora, nel 2008 nasce Bitcoin[3], un metodo creato per poter scambiare facilmente danaro senza passare per i canali bancari ufficiali[4].  

Si è passati alla tecnologia Bitcoin, dominata dall’infungibilità. Vengono emessi da società private, e mancando la certezza della quantità di emissione, si è posto l’accento sulla personalizzazione dei token.

Nella pratica, per acquistare un NFT ci si deve quindi servire di una blockchain. Solitamente si tratta di Ethereum ma recentemente assumono rilevanza anche TRON, EOS e Flow Blockchain, altre tipologie di blockchain uniche nel loro genere. 

Seppure nominalmente diverse, esse hanno alla base la stessa tecnologia: sono realizzate da una rete di computer indipendenti, che comunicano tra loro in via indipendente e che possono essere remunerati per il loro contributo al mantenimento in vita della blockchain.

Di conseguenza, quando la blockchain di Ethereum ospita un NFT garantisce di fatto che l’NFT stesso non cambi e questo certifica i passaggi di proprietà degli hash gestiti dall’NFT, registrati sulla blockchain inalterabile.

I diritti del titolare di un NFT: esiste il copyright nelle opere digitali?

Stabilito che sussiste un rapporto economico tra NFT e arte, dal punto di vista giuridico la questione è complessa: se Tizio acquista un NFT, può affermare con relativa certezza di possederlo. Tizio possiede un non-fungible token che rimanda ad un’opera d’arte. Ma quali sono i suoi diritti?

Non tutti gli NFT sono uguali. Vi sono opere d’arte, ma anche semplici tweet che vengono negoziati su determinate piattaforme come CryptoKitties, per cui stabilire una disciplina unitaria diventa particolarmente insidioso.

Una delle certezze risiede nel fatto che l’acquisto non garantisce al proprietario alcun diritto sull’opera venduta. Gli NFT che trasferiscono la “proprietà” di un’opera, in realtà vanno a trasferirla sulla copia dell’opera stessa, senza impedire la libera proliferazione sul web.

Se ciò non fosse vero, e cioè se si acquistassero ulteriori diritti sull’opera, si sarebbe costretti ad utilizzare un contratto ordinario sia in forme che in tutele, come la cessione di diritti d’autore, ad esempio.

Se Beeple un domani dovesse rivendere la sua opera “EVERYDAYS: THE FIRST 5000 DAYS”, variando un semplice pixel e così cambiandone l’hash, sarebbe legittimato a farlo ed i rimedi per impedirglielo sarebbero solo contrattuali e non tecnologici.

Un ulteriore punto critico è sicuramente quello legato al copyright.

Se infatti non è proprio di prima lettura comprendere la funzionalità di questa nuova tecnologia, è più semplice intuire come in un mercato non regolamentato e globale come quello degli NFT i casi di violazione di copyright siano all’ordine del giorno ed allo stesso tempo ad essere intricata è la possibilità di ottenere una tutela se vittime di una tale violazione.

Infatti, molto spesso si parla di transazioni a livello internazionale, per cui risulta difficile tutelare una vittima di copyright garantendogli un risarcimento del danno, tra i limiti delle varie normative in tema di diritto d’autore.

Cosa accade in caso di contaminazione? Il caso Ratajkowski

A conclusione della trattazione di questa tematica, assume rilievo un’ulteriore criticità del rapporto tra NFT e arte.

È infatti difficile non parlare di opere derivate da altre opere, di contaminazioni o rivisitazioni, proprio perché è la stessa tecnologia NFT a basarsi su questo.

Ecco che quindi diventa complesso stabilire una tutela dei vari diritti d’autore che si affastellano tra loro, creando un quadro complesso dai confini non definiti.

Un caso di cronaca particolarmente rilevante sul tema è quello dell’NFT creato dalla modella Emily Ratajkowski, che verrà bandito dall’asta da Christie’s.

New York Times riporta[5]:

Nel tentativo di ristabilire “l’autorità” sull’uso della sua somiglianza, Emily Ratajkowski, la modella e scrittrice, sta coniando un token non fungibile, o NFT, che sarà messo all’asta da Christie’s il 14 maggio. Il pezzo si intitolerà “Buying Myself Back: A Model for Redistribution.

Questo NFT presenta infatti una molteplicità di possibili autori: è una fotografia realizzata da Sports Illustrated, che la ritrae dinnanzi ad un dipinto che raffigura un post del profilo Instagram della donna, che a sua volta è un’ulteriore fotografia della modella, realizzata sempre dallo stesso fotografo.

Insomma, una trama davvero complicata, un’opera collettiva, che pone il problema dell’illegittimità della cessione di quest’opera, che di fatto non è altro che un semplice codice hash di un’immagine.

In conclusione, questa tecnologia è innovativa, ma presenta ancora numerose incertezze normative.

Questo articolo è stato scritto da un’articolista di DirittoConsenso.it, partner di LegalTech Italia

Bibliografia

https://onlineonly.christies.com/s/beeple-first-5000-days/beeple-b-1981-1/112924

https://www.christies.com/

https://www.archdaily.com/959011/mars-house-first-digital-home-to-be-sold-on-the-nft-marketplace

https://superrare.co/

https://v.cent.co/


[1] Su DirittoConsenso è stato pubblicato un altro contributo specifico sugli NFT. Link: https://www.dirittoconsenso.it/2021/05/24/i-non-fungible-token-aspetti-teorici-tecnici-giuridici/

[2] È la più grande casa d’aste al mondo, fondata nel 1766 da James Christie con sede a Londra, che nel 2015 ha registrato un totale di vendite per ben $7,4 miliardi.

[3] Per un altro approfondimento su Bitcoin si rimanda ad un altro articolo pubblicato su DiritoConsenso. Link: https://www.dirittoconsenso.it/2020/11/06/bitcoin-a-che-punto-siamo/

[4] Ricordiamo come il biennio 2007-2008 fu un periodo particolare, di profonda crisi, che determinò unaa perdita di fiducia nelle banche, ritenute ormai inaffidabili. E allora, se banconote e monete sono realizzate e messe in commercio in un numero finito e determinato dall’ente emittente (banche), la soluzione alternativa alla certezza è la personalizzazione.

[5] Fonte originale: https://www.nytimes.com/2021/05/12/magazine/nft-art-crypto.html

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