Diritto all’oblio e identità digitale

Il diritto all’oblio è inteso come il diritto di un soggetto di ottenere la rimozione di informazioni personali che lo riguardano, qualora la rilevanza pubblica alla diffusione dell’informazione sia venuta meno per il trascorrere del tempo o per altri motivi legati alla assenza di interesse sociale alla diffusione dell’informazione. Sulla rete ogni individuo crea una propria identità digitale formata dell’insieme di più attributi che definiscono l’individuo. Su tali attributi vi si ha la possibilità di esercitare il proprio diritto all’oblio, in tal modo controllando il flusso di informazione che sul proprio conto circolano in rete, prevedendo la possibilità che tale esercizio sia esercitato da oppure a favore dei soggetti deceduti.

Cos’è l’identità digitale?

L’identità digitale è considerata come l’identità virtuale che ogni individuo si crea in rete ed indica “l’insieme delle informazioni e delle risorse concesse da un sistema informatico ad un utilizzatore del suddetto”; di conseguenza, l’identità digitale, risulta essere formata dall’insieme di due fattori: l’esistenza di un soggetto fisico; e l’attribuzione a tale soggetto fisico di un “insieme di codici elettronici tali che, una volta introdotti in uno o più calcolatori, singoli o in rete, la persona possa essere identificata, collegando i codici alla sua identità[1].

Gli elementi informativi, detti attributi, sono gli elementi che rendono riconoscibile e identificabile un soggetto in rete, per cui, a più attributi corrisponderanno più “parti” di una uguale identità, che rendono l’identità digitale stessa frammentaria e perciò non unitaria. Ciò ha come conseguenza una logica impossibilità da parte dell’individuo di esercitare un effettivo controllo su tutte le informazioni che sulla propria persona circolano in internet.

L’identità del singolo attraverso la rete può esser facilmente danneggiata in quanto, le informazioni vengono poste rete senza filtri e controlli portando alla presenza di dati non necessariamente corrispondenti al vero, o, anche se veritieri, comunque distorsivi della percezione che si ha di un individuo, soprattutto nel momento in cui le informazioni risultano essere lontane dal rappresentare reale identità del singolo[2].  Attraverso la rete si ha la possibilità di diffondere molteplici informazioni potendo usufruire di un sistema di raccolta e archiviazione dalle elevate potenzialità, consentendo di fissare nel tempo le informazioni digitali. Ogni dato inserito è destinato a vagare a tempo indeterminato nell’universo immateriale dell’internet, potendo essere sempre recuperato anche se formalmente cancellato[3].

Diritto all’oblio

La permanenza dei dati in internet ha posto la necessità di dover tutelare maggiormente l’individuo e la sua identità digitale; per questo si prevede che, trascorso un lasso di tempo considerevole, ogni individuo è legittimato a richiedere la cancellazione delle informazioni che lo riguardano e che circolano in rete, e ciò anche a seguito della perdita di utilità sociale circa divulgazione dell’informazione stessa. 

In questo contesto il diritto all’oblio e quello all’identità personale tendono ad accumunarsi in quanto, il riemergere di vicende risalenti di una persona deve avvenire nel rispetto della identità del soggetto che spesso risulta essere danneggiato dalla diffusione di informazioni non veritiere o fuorvianti, contribuendo le stesse alla creazione di una identità non corrispondente alla realtà[4].

Il diritto all’oblio è inteso come il diritto di un soggetto di ottenere la rimozione di informazioni personali che lo riguardano, qualora la rilevanza pubblica alla diffusione dell’informazione sia venuta meno per il trascorrere del tempo o per altri motivi[5].

Di fatto, il Regolamento UE 2016/679 nell’art. 17 (rubricato “Diritto alla cancellazione «diritto all’oblio) sancisce la sussistenza di un duplice diritto, prevendendo da una parte il diritto di ciascuno ad ottenere la cancellazione dei dati personali che lo riguardano e, conseguentemente, si prevede  l’obbligo per il titolare della conservazione dei dati di cancellare gli stessi.[6] Il diritto all’oblio si concretizza, pertanto, nella pretesa di un individuo di riuscire a controllare ancora una volta la propria storia personale, garantendo il rispetto del diritto alla propria autodeterminazione[7] e identità, assicurando l’eliminazione di quel che “non appartiene più all’identità dell’interessato”, ma, al tempo stesso, salvando ciò che risulta essere di forte interesse per la società.

Come specificato dal suddetto regolamento (GDPR 2016/679), non sempre si ha diritto alla cancellazione dei dati e delle informazioni che ci riguardano in quanto, come specificato dal comma 3 dell’art.17, sono previsti dei casi in cui il diritto all’oblio soccombe e ciò può avvenire, ad esempio, nel momento in cui vengono in gioco interessi pubblici di rilievo quali la difesa della libertà d’informazione, tutelata in via diretta dall’art. 21 della nostra Costituzione che afferma il diritto di informare e di essere informati[8]. Spetta al giudice di merito verificare la presenza di un reale interesse pubblico alla circolazione di informazioni riguardanti un individuo che si è reso protagonista di una vicenda dal carattere storico e culturale importante.

Negli ultimi anni la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla configurabilità del diritto all’oblio con riferimento alle notizie contenute negli archivi informatici dei quotidiani pubblicati in rete[9]. I fatti oggetto di pronuncia riguardavano un politico che aveva richiesto, prima al Garante della privacy e successivamente al Tribunale di Milano, di eliminare o spostare un articolo datato nel tempo e che lo vedeva arrestato per corruzione. Difronte al rifiuto di entrambe le richieste, il ricorrente presentava ricorso per Cassazione riaffermando il proprio diritto alla cancellazione delle informazioni presenti nel sopracitato articolo; inoltre, faceva riferimento a un diritto “all’aggiornamento, alla rettificazione ovvero alla integrazione dei dati[10].

La Corte ha accolto il ricorso andando ad affermare la necessità di bilanciare il diritto alla riservatezza ed il diritto all’informazione, il quale, a sua volta, trova un “limite nel diritto all’identità personale o morale del soggetto cui l’informazione si riferisce[11].

Inoltre, la Corte dopo aver ripercorso l’evoluzione sul diritto alla riservatezza, parla del diritto all’oblio ricordando quanto da lei stessa affermato in una precedente pronuncia: “Se l’interesse pubblico sotteso al diritto all’informazione costituisce un limite al diritto fondamentale alla riservatezza, al soggetto cui i dati pertengono è correlativamente attribuito il diritto all’oblio, e cioè a che non vengano ulteriormente divulgate notizie che per il trascorrere del tempo risultino ormai dimenticate o ignote alla generalità dei consociati.”[12].

Da questo se ne deduce che, secondo la Corte, il diritto all’oblio vada riconosciuto in quanto mezzo di salvaguardia dell’identità personale e digitale di un soggetto, essendo l’individuo tutelato dalla possibilità di essere danneggiato dalla diffusione di informazioni non più corrispondenti alla propria identità personale[13]. Di conseguenza, per la Corte, il diritto all’oblio coincide con il diritto al controllo dei propri dati e, in tale controllo, può rientrare la richiesta di aggiornare e cancellare i dati stessi, in quanto, sebbene l’aggiornamento dei dati sembri essere più legata all’integrazione di una informazione, secondo la Corte questi aspetti risultano essere delle declinazioni del diritto all’oblio stesso[14].

Conclusioni

l diritto all’oblio riguarda la capacità di un soggetto di controllare i dati e le informazioni che lo riguardano, non trattandosi di una mera tutela della riservatezza, bensì di una volontà di esercitare un controllo sull’uso dei propri dati e sulla durata della loro permanenza in rete[15]. Di fatto, si afferma che il diritto all’oblio garantisce “una tutela dinamica dei dati personali, nel senso che la garanzia non può essere soltanto quella tradizionale e statica relativa alla riservatezza, ma deve divenire componente essenziale della cittadinanza digitale, e della libera costruzione dell’identità[16].

Il nesso fra diritto all’oblio e identità digitale risiede nella considerazione dell’oblio fra i diritti della personalità[17], pertanto, risulta essere un diritto soggettivo, volto ad affermare e garantire esigenze di carattere esistenziale; un diritto che spetta all’uomo in quanto tale[18].

Questo articolo è stato scritto da un’articolista di LegalTech Italia, partner di DirittoConsenso.

Bibliografia

A. MATRICARDI, Diritti della personalità, AltalexPedia, voce agg. al 08/03/2018

A.L. VALVO, Il diritto all’oblio nell’epoca dell’informazione “digitale”, in “Studi sull’integrazione europea”, 2015, n. 2, pp. 347-358;

L. FEROLA, Dal diritto all’oblio al diritto alla memoria sul web. L’esperienza applicativa italiana, in Dir. inform. e infor., 2012, 1001 ss.

M. SESTA, L’erogazione della prestazione medica tra diritto alla salute, principio di autodeterminazione e gestione ottimale delle risorse sanitarie, Rimini, 2014, 15 ss. 

M. ZANICHELLI, Il diritto all’oblio tra privacy e identità digitale, Informatica e diritto, XLII annata, Vol. XXV, 2016, n. 1, p.14

S. NIGER, Il diritto all’identità personale, in Diritto all’anonimato, (a cura di Finocchiaro), Padova, 2008, pp. 59 e ss

S. RODOTÀ, Il mondo nella rete. Quali i dirittiquali i vincoli, Roma-Bari, Laterza, 2014, p. 72


[1] I M. F. COCUCCIO, Il diritto all’identità personale e l’identità “digitale”, Diritto di Famiglia e delle Persone (Il), fasc.3, 2016, p. 949

[2]  L. FEROLA, Dal diritto all’oblio al diritto alla memoria sul web. L’esperienza applicativa italiana, in Dir. inform. e infor., 2012, 1001 ss.

[3] L. FEROLA, Op. cit.

[4] S. NIGER, Il diritto all’identità personale, in Diritto all’anonimato, (a cura di Finocchiaro), Padova, 2008, pp. 59 e ss

[5] A.L. VALVO, Il diritto all’oblio nell’epoca dell’informazione “digitale”, in “Studi sull’integrazione europea”, 2015, n. 2, pp. 347-358;

[6] Il Regolamento UE 2016/679, art. 17: 1.   L’interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del trattamento ha l’obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati personali, se sussiste uno dei motivi seguenti: a) i dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati; b) l’interessato revoca il consenso su cui si basa il trattamento conformemente all’articolo 6, paragrafo 1, lettera a), o all’articolo 9, paragrafo 2, lettera a), e se non sussiste altro fondamento giuridico per il trattamento; c) l’interessato si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 1, e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento, oppure si oppone al trattamento ai sensi dell’articolo 21, paragrafo 2; d) i dati personali sono stati trattati illecitamente; e) i dati personali devono essere cancellati per adempiere un obbligo legale previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento; f) i dati personali sono stati raccolti relativamente all’offerta di servizi della società dell’informazione di cui all’articolo 8, paragrafo 1. 2. Il titolare del trattamento, se ha reso pubblici dati personali ed è obbligato, ai sensi del paragrafo 1, a cancellarli, tenendo conto della tecnologia disponibile e dei costi di attuazione adotta le misure ragionevoli, anche tecniche, per informare i titolari del trattamento che stanno trattando i dati personali della richiesta dell’interessato di cancellare qualsiasi link, copia o riproduzione dei suoi dati personali. 3.   I paragrafi 1 e 2 non si applicano nella misura in cui il trattamento sia necessario: a) per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione; b) per l’adempimento di un obbligo legale che richieda il trattamento previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento o per l’esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse oppure nell’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento; c) per motivi di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica in conformità dell’articolo 9, paragrafo 2, lettere h) e i), e dell’articolo 9, paragrafo 3; d) a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica o a fini statistici conformemente all’articolo 89, paragrafo 1, nella misura in cui il diritto di cui al paragrafo 1 rischi di rendere impossibile o di pregiudicare gravemente il conseguimento degli obiettivi di tale trattamento; o e) per l’accertamento, l’esercizio o la difesa di un diritto in sede giudiziaria.

[7]M. SESTA, L’erogazione della prestazione medica tra diritto alla salute, principio di autodeterminazione e gestione ottimale delle risorse sanitarie, Rimini, 2014, 15 ss. 

[8] Costituzione, art. 21: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione

[9] Cassazione Civile, Sez. III, sentenza del 5 aprile 2012, n. 5525

[10] Cass. Civ., Sez. III, sentenza del 5 aprile 2012, n. 5525

[11] Cass. Civ., Sez. III, sentenza del 5 aprile 2012, n. 5525

[12] Cassazione Civile, Sez. III, sentenza del 9 aprile 1998, n. 3679

[13] M. ZANICHELLI, Il diritto all’oblio tra privacy e identità digitale, Informatica e diritto, XLII annata, Vol. XXV, 2016, n. 1, p.14

[14] M. ZANICHELLI, op. cit., p. 16

[15] M. ZANICHELLI, op. cit., p. 27

[16] S. RODOTÀ, Il mondo nella rete. Quali i dirittiquali i vincoli, Roma-Bari, Laterza, 2014, p. 72

[17] M. ZANICHELLI, op. cit., ibidem

[18] A. MATRICARDI, Diritti della personalità, AltalexPedia, voce agg. al 08/03/2018

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