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SMART CITY: SVILUPPI E PROFILI CRITICI

Quali sono i rischi per i cittadini delle Smart City? Quali sono “le luci e le ombre” di queste innovative “città intelligenti”? Gli indirizzi operativi proposti dal Garante della Privacy per un equilibrio tra il pieno sfruttamento del potenziale dell’AI nel raggiungimento di obiettivi di sviluppo urbano sostenibile e la necessità di tutelare la privacy degli individui.

Introduzione

Il problema? La sola tecnologia – compresa la sua applicazione pratica – è stata, sino ad oggi, considerata troppo spesso il driver fondamentale per la crescita delle Smart City e si è ignorato invece – come ha fatto notare Grazia Concilio, docente di Tecnica e Pianificazione Urbanistica al Politecnico di Milano, durante il BTO 2016[1] – l’importanza di elementi soft e atteggiamenti virtuosi da parte, per esempio, di enti pubblici e amministratori. Infatti, il nuovo approccio delle Smart City e dei suoi operatori è anche sostenuto dal riutilizzo dei dati di una città e dall’apertura dell’accesso all’uso di questi da parte dei cittadini. Tuttavia, una governance completa dei sistemi intelligenti va oltre l’offerta ai cittadini di un accesso aperto alle informazioni e la progettazione di portali per la condivisione delle informazioni. Gli abitanti di queste innovative città intelligenti sentiranno un senso di appartenenza e si sentiranno autorizzati a partecipare al placemaking cittadino?  

Smart City e Tutela della privacy

La consapevolezza, l’educazione, la comprensione ed il consenso dei cittadini alle innovazioni guidate dai dati ed abilitate dall’IoT[2] sono considerate fondamentali per il successo di una città. Un governo aperto, trasparente e partecipativo è infatti la chiave per stabilire nuovi modelli di risposta democratica alle tecnologie e alle pratiche smart. 

Ed è stata proprio la massiva mole di dati prodotta ogni giorno da chi abita le Smart City a complicare le cose, più che renderle agevoli. Sono dati che provengono da alcune delle operazioni più banali che chiunque compie quotidianamente: prelevare ad uno sportello bancomat, usare il navigatore o un’app che monitora il sonno o la fame. Senza contare l’immane quantità di oggetti connessi che usiamo ogni giorno, fuori e dentro casa. Al centro della Smart City devono esserci, in altre parole, bisogni e necessità dei cittadini e servizi pensati secondo un design human-centered. Alle pubbliche amministrazioni va dunque il compito di fornire le infrastrutture abilitanti (e, no, una semplice rete Wi-Fi pubblica non basta), di creare condizioni – che non diventino condizionamenti – perché la città mostri tutta la sua intelligenza e perché non si corra ancora il rischio di mortificare, come spesso accade, i contenuti e le soluzioni più smart.Una città smart deve dunque avere un’amministrazione smart, in grado di definire le proprie linee d’azione sulla base di una visione strategica a lungo termine, che sia il prodotto di una concertazione con la cittadinanza attiva.[3]

Anche il Garante della privacy in una sua nota del 6 ottobre 2021[4], non mancando comunque di valorizzare gli aspetti positivi delle Smart City, ha riportato significativi problemi legati allo sviluppo di queste nuove realtà. Oggetto della nota sono i risultati emersi da un recente studio commissionato dal parlamento europeo al comitato per lo sviluppo regionale del parlamento stesso (REGI), pubblicato a settembre 2012, “Artificial Intelligence and Urban Development”[5]. Nella nota del Garante viene sottolineato come l’applicazione alla dimensione urbana delle tecnologie di intelligenza artificiale abbia enormi potenzialità in termini di sviluppo socio-economico e di miglioramento della qualità della vita individuale e collettiva, anche nell’ottica del raggiungimento di obiettivi di sviluppo sostenibile, relativi ad esempio alla mobilità urbana, alla gestione dei rifiuti, all’ efficienza energetica. Tuttavia, non è possibile ignorare i rischi che il ricorso alle tecnologie di AI può comportare, innanzitutto a livello di coesione territoriale. Una gestione non organica e adeguatamente strutturata di tali tecnologie potrebbe infatti creare un significativo divario, in termini di sviluppo e opportunità sociali ed economiche, tra le diverse zone delle città, tra aree urbane ed extra-urbane e tra le varie città di un dato territorio, anche incrementando disuguaglianze già esistenti.

Il ricorso alle tecnologie di intelligenza artificiale nel contesto urbano pone poi significativi rischi anche per i singoli individui. Come evidenzia il Garante, il ricorso all’intelligenza artificiale presenta infatti potenziali rischi collegati soprattutto alla capacità di raccogliere, elaborare e trasformare grandi quantità di dati, sfruttando anche le sinergie con altre tecnologie, come Big Data, cloud e Internet delle cose.

Come evidenzia l’Autorità nella propria nota, “in questo quadro, la protezione dei dati rappresenta un volano fondamentale per la valutazione e la mitigazione di rischi di varia natura, che vanno dalle politiche di cyber-security all’influenza di errori e “bias” (pregiudizi) basati sulla raccolta e l’elaborazione dei dati, che possono avere pesanti ripercussioni a livello individuale e collettivo: dal cosiddetto rischio “black-box”, legato all’opacità o addirittura totale impenetrabilità dei processi automatizzati, alle implicazioni etiche connesse ai processi decisionali dell’AI che, a differenza di quelli umani, possono essere completamente avulsi da implicazioni morali, empatia, riferimento al contesto umano (lack-of-value); dai rischi reputazionali dovuti alla condivisione e diffusione incontrollata di dati personali, alle disparità connesse alle differenti opportunità di accesso ai dati; fino ad arrivare all’eccessiva invasività del controllo tecnologico nelle vite quotidiane”. La sfida fondamentale nello sviluppo delle smart cities è dunque il raggiungimento di un equilibrio tra il pieno sfruttamento del potenziale dell’AI nel raggiungimento di obiettivi di sviluppo urbano sostenibile e la necessità di tutelare la privacy degli individui. Per raggiungere tale obiettivo, lo studio citato dal Garante propone alcuni indirizzi operativi, come un’attenta cooperazione tra le istituzioni, lo sviluppo di politiche e pratiche incentrate su una precisa regolazione dell’accesso ai dati e della loro condivisione, lo sviluppo di competenze e capacità adeguate (anche in chiave data protection) da parte dei soggetti chiamati a gestire lo sviluppo e la governance dei processi e delle tecnologie connessi alle smart cities, ma anche un puntuale e tempestivo adeguamento dei quadri giuridici e regolamentari, che tenga conto delle nuove esigenze di tutela.

Conclusione

Comprendere le ragioni che guidano le tendenze verso la “smartification” da parte dei comuni è importante, in quanto ne spiega la velocità e la natura globale. Come abbiamo detto in precedenza, la crescita esponenziale globale delle popolazioni urbane è la ragione principale per cui i comuni stanno favorendo il pensiero sistemico e le soluzioni intelligenti. Il Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite prevede che fino al 66% della popolazione mondiale vivrà nelle città entro il 2030, con 2,5 miliardi di persone in più entro il 2050. Le stime originali dell’ONU sono state riviste in quanto i grafici della popolazione mostrano aumenti più ripidi di recente, indicando che le città saranno i punti di pressione per le sfide dello sviluppo sostenibile[6]. Ogni aspetto delle città può dunque essere una specifica causa di preoccupazione – le loro dimensioni, i servizi, le risorse, la geografia, l’eredità dell’ambiente costruito, e l’impronta globale – così come l’equità con cui i loro abitanti sono trattati e la misura in cui gli abitanti delle città sentono di appartenere.  E i problemi di questo costante e globale aumento della popolazione nei centri urbani sono sotto gli occhi di tutti: Città del Messico e Hong Kong lottano per gestire efficacemente lo smaltimento dei rifiuti, Pechino ha livelli di inquinamento dell’aria considerati a tal punto pericolosi che il consiglio del governo è quello di rimanere in casa nei giorni cosiddetti di “allarme arancione”, gli afflussi ininterrotti di persone a Tokyo, che si prevede rimarrà la più grande città del mondo, creano problemi per la capitale stessa, e anche una perdita di risorse umane, affari ed entrate per le città da cui provengono i migranti interni[7]. Si sono altresì moltiplicati i problemi di infrastrutture e di risorse affrontati dalle città europee con l’aumento del numero di rifugiati e migranti che cercano aiuto immediato e alloggio. Il collasso dei centri di produzione automobilistica negli Stati Uniti ha portato alla perdita di popolazione e alla terra desolata “post-apocalittica” di Detroit, documentata nel lavoro di molti fotografi. Le città di nuova costruzione – per esempio, in Cina – non hanno l’eredità post-industriale comune alle città occidentali, ma non sono prive di seri problemi di governance e di diritti.  Esempio lampante è “Apple City”, l’aerotropoli progettata intorno a un hub di attività economiche intelligenti nella zona economica dell’aeroporto di Zhengzhou, sede della produzione di iPhone della Foxconn.  Più di un quarto di milione di lavoratori assemblano pezzi arrivati da tutto il mondo e sorvegliano le unità dell’iPhone trasportate via aerea. E, il dato che più spaventa è che un rapporto aziendale sul costo umano sostiene che, nonostante il loro intrappolamento virtuale nell’aerotropoli, i lavoratori della Foxconn sono tenuti a registrarsi come residenti nella loro città natale: dunque, una città intelligente a tutti gli effetti, ma al contempo “fantasma”.  

In questi casi si deve perciò constatare che una governance democratica dei dati, che permette a una città di “parlare” ai suoi abitanti, è sempre più distante, dal momento che, per poter operare, richiede l’adozione di pratiche partecipative e inclusive da parte di coloro che progettano le città stesse. 

Questo articolo è stato scritto da un’articolista di LegalTech Italia, partner di DirittoConsenso

Puoi leggere di Smart City anche quì.

BIBLIOGRAFIA

Griffiths M., K. Barbour, Making Publics, Making Places, University of Adelaide Press, South Australia, 2016.

Garante della privacy, “Sì alle Smart Cities, ma occorre proteggere i dati delle persone. Studio del Parlamento Ue: tecnologie sempre più pervasive, sviluppo va fondato sull’etica e sulle persone”, 6 ottobre 2016.

Osservatorio Nazionale Smart City di ANCI, Vademecum per la città intelligente, 2013.

The European House- Ambrosetti, ABB Group, Smart Cities in Italia: un’opportunità nello spirito del Rinascimento per una nuova qualità della vita, Milano, 2012.

R. P. Dameri, C. Rosenthal-Sabroux, Smart City. How to Create Public and Economic Value with High Technology in Urban Space, Springer International Publishing AG, 2014.

A. Cocchia, R. P. Dameri, Smart and Digital city: twenty years of terminology evolution, In It-AIS 2013, X Conference of the Italian Chapter of AIS, Milano, 14 dicembre 2013.

B. Cohen, What exactly is a Smart City?, Co.Exist, 19 settembre 2012

E. Riva Sanseverino, R. Riva Sanseverino, V. Vaccaro, Atlante delle smart city. Comunità intelligenti europee ed asiatiche, 3 ed., Milano, Franco Angeli, 2015.

Cassa depositi e prestiti SPA, Smart City. Progetti di sviluppo e strumenti di finanziamento (report monografico), 2013.


[1] BTO, (Ri)pensare la Smart City, 2016.

[2] Internet delle cose, si riferisce al processo di connessione ad internet di oggetti fisici di utilizzo quotidiano, dagli oggetti più familiari alle risorse in ambito sanitario, ai dispositivi indossabili, a quelli smart, e per finire, alle smart city.

[3] Osservatorio Nazionale Smart City di ANCI, Vademecum per la città intelligente, 2013, 53.

[4] Garante della privacy, “Sì alle Smart Cities, ma occorre proteggere i dati delle persone. Studio del Parlamento Ue: tecnologie sempre più pervasive, sviluppo va fondato sull’etica e sulle persone”, 6 ottobre 2016. (https://www.garanteprivacy.it/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9705786#3)

[5] https://research4committees.blog/2021/09/08/artificial-intelligence-and-urban-development/

[6] Cfr. Nazioni Unite, Dipartimento degli Affari Economici e Sociali, Divisione Popolazione, 2014.

[7] M. Griffiths, “Imagine if our cities talked to us”: questions about the making of “responsive” places and urban publics, in M. Griffiths, K. Barbour, Making Publics, Making Places, University of Adelaide Press, South Australia, 2016, 40.

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